Ventagli #137 — Fotofinish

Matteo Vasile
LoggioneSport
Published in
6 min readApr 21, 2021

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L’incredibile successo di Wout Van Aert all’Amstel Gold Race di domenica scorsa mi ha fatto riflettere su una cosa che diamo ormai per scontata, ma che poi, se ci pensiamo bene, così scontata non lo è affatto. E allora mi sono chiesto: “Perchè non indagare la storia e il funzionamento di questo dispositivo?”. Se avete seguito la “classica della birra” avrete sicuramente intuito che il dispositivo di cui sto parlando è il fotofinish, assoluto protagonista del finale dell’Amstel Gold Race, e strumento che ha permesso di stabilire con assoluta precisione il vincitore della corsa, andata al corridore belga per soli 4 millesimi di secondo sul britannico Thomas Pidcock.

Van Aert si gode una meritata Amstel sul podio. Photo credit: Cor Vos

Come funziona il fotofinish

Il fotofinish è un dispositivo impiegato dai giudici di gara per determinare esattamente l’ordine di arrivo di una competizione sportiva e permette di definire al millesimo di secondo il passaggio di ogni corridore sulla linea del traguardo. É uno strumento che diventa indispensabile per valutare con precisione i distacchi nel caso non dovessero funzionare i transponder montati sulle biciclette dei corridori, ma anche in quelle situazioni di incertezza come successo appunto domenica a Valkenburg.

Lo potremmo definire un sistema fotografico ibrido perchè non si tratta infatti nè di una telecamera ma nemmeno di una fotocamera. Questo dispositivo monta un obiettivo fotografico che proietta la luce solamente su una singola fila di pixel. Quello che viene memorizzato, quindi, è la somma di tutto ciò che passa davanti a quella fessura di pixel fotosensibili dove la velocità di registrazione può arrivare fino a 15.000 frame per secondo.

L’immagine catturata viene trasmessa immediatamente, tramite un cavo di rete, ai computer che dovranno poi elaborarla. Il risultato finale è una specie di grafico che corrisponde al passaggio di tutti i corridori che tagliano la linea del traguardo. Il cronometrista applica una riga sulla ruota di ciascuno, così da avere l’evidenza del distacco. Se il sistema è collegato al cronometro, poi, ad ogni riga corrisponderà un tempo esatto al millesimo di secondo, così da valutare gli eventuali distacchi e il tempo esatto impiegato da ciascuno dei corridori.

Se è vero che la precisione di questo sistema è assoluta, è anche vero che lo stesso metodo richiederebbe tantissimo tempo per classificare tutto il gruppo. Ecco perché nella maggior parte dei casi si fa riferimento sempre al transponder posizionato sulla bicicletta del corridore e si interroga il fotofinish solo in caso di estrema necessità. Per praticità inoltre vengono tagliati dalla visione tutti gli spazi vuoti in modo da avere una sequenza unica di corridori.

Come siamo arrivati ad utilizzare questo strumento

Sebbene già dai Giochi olimpici di Stoccolma del 1912 venisse usata un’apparecchiatura fotografica come sostegno per stabilire l’ordine d’arrivo, il primo fotofinish vero e proprio con scorrimento continuo della pellicola venne introdotto in modo non ufficiale nel 1948 a Londra. L’introduzione ufficiale del fotofinish avvenne vent’anni più tardi, ai Giochi Olimpici del 1968 in Messico. Il sistema fu una piacevole rivoluzione visto che garantiva agli atleti tempi più rapidi rispetto a quelli registrati con il cronometraggio a mano, e allo stesso tempo semplificava notevolmente il lavoro dei giudici di gara. L’invenzione del fotofinish si deve a Peter Hurzeler nato 77 anni fa a Solothurn, in Svizzera, che ha lavorato per Omega allo sviluppo di sistemi di cronometraggio per le gare sportive per più di 30 anni.

Tra gli anni ’70 e gli anni ’90 la pellicola con la registrazione dell’arrivo veniva esaminata e sviluppata tramite un apposito visore-ingranditore in camera oscura per determinare i tempi dei concorrenti al centesimo di secondo. In quegli anni ci volevano circa 20 minuti per sviluppare le immagini: fortunatamente al giorno d’oggi le moderne attrezzature hanno eliminato la pellicola e adottato sistemi informatici che permettono un’altissima qualità dell’immagine, stampe dettagliate in pochi secondi e collegamenti immediati ai tabelloni elettronici. Solo in rarissimi casi, quelli di difficilissima interpretazione, il sistema impiega ancora qualche minuto. Un po’ come è successo domenica scorsa.

Cosa è successo domenica all’Amstel Gold Race

Al termine dell’Amstel Gold Race, a generare un po’ di confusione tra i telespettatori hanno contribuito due immagini. La prima è la classica immagine televisiva laterale che solitamente basta e avanza per stabilire il vincitore della corsa, mentre la seconda è invece un’immagine semi frontale del traguardo dove Pidcock sembrerebbe essere più avanti del belga.

In realtà, per quanto riguarda la seconda, non bisogna farsi trarre in inganno, visto che la ruota anteriore di Van Aert è leggermente sollevata da terra a causa del colpo di reni. Le cose si complicano se si guarda esclusivamente la prima immagine: in questo caso basta che la camera non sia posizionata perfettamente sulla linea di arrivo per avere un’immagine distorta e imprecisa (ed è quello che è successo molto probabilmente domenica). Un’altra cosa che inganna lo spettatore se si guarda la prima foto e che in pochi hanno notato, è il colore beige (quasi impercettibile) del copertoncino della ruota della bicicletta del belga, da non confondere con il nero del cerchio.

Per stabilire con certezza la vittoria di WVA è stato quindi necessario ricorrere al fotofinish. La linea bianca che si vede nell’immagine del fotofinish dell’Amstel non ha niente a che vedere con la linea d’arrivo, anzi, ogni singolo punto che si vede nell’immagine è stato registrato esattamente sulla linea del traguardo. Il fotofinish infatti registra solo l’immagine all’interno di quella sottile linea scura che misura 4 cm posta al centro delle due linee bianche dell’arrivo. Quella linea viene registrata per migliaia di volte al secondo ed ogni singolo frame, in ordine cronologico, contribuisce a costituire l’immagine finale del fotofinish, un’immagine chiara e inconfutabile.

L’unico dubbio sulla precisione del fotofinish può essere addossato a un errore umano nel posizionamento dell’apparecchiatura, ovvero non perfettamente allineato con la linea del traguardo. Solitamente si tende ad escludere che possa succedere una cosa del genere visto che questi sistemi vengono posizionati con cura da professionisti con anni di esperienza alle spalle, spesso anche il giorno precedente alla corsa, senza lasciare nulla al caso. Nel caso dell’Amstel però qualche dubbio resta. Cosa me lo fa pensare? Nel fotofinish si vede chiaramente uno sfondo giallo-verde, mentre la linea nera del traguardo, nell’immagine fotografica, sembrerebbe terminare in corrispondenza del tabellone color rosso di cui però non c’è traccia nel fotofinish. Le prospettive di sa, possono ingannare e il dubbio resta, così come resta inconfutabile, in assenza di prove certe che proverebbero il contrario, la vittoria di Van Aert.

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Malato di troppi sport. Amo viaggiare, fotografare e pedalare. Collaboro con @LoggioneSport