Ventagli #121– Il 2020

Ventagli
LoggioneSport
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10 min readNov 18, 2020

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Per commentare tutto il ciclismo del 2020 ci siamo seduti ad un tavolo virtuale e abbiamo discusso su vari temi: un bilancio generale della stagione, il momento dell’anno, i tre Grand Tour, la stagione delle classiche e la delusione.

Bilancio generale

Gabriele Gianuzzi: È stato un anno complicato. E il solo fatto di essere arrivati alla fine della stagione con un calendario più che onorevole e con i contagi tra gli addetti ai lavori tutto sommato bassi è un ottimo punto di partenza. Tanto più se consideriamo che lo sport dovrà convivere con questa situazione per almeno un’altra stagione, a voler essere ottimisti.
Dal punto di vista sportivo è difficile valutare secondo i criteri ai quali siamo abituati. Alcuni risultati sono sicuramente figli del calendario compresso e dalle varie sovrapposizioni. In un anno normale, ad esempio, sarebbe stato impossibile vedere i maggiori contendenti al Tour de France giocarsi la vittoria finale della Liegi Bastogne Liegi. Così come sarebbe stato impossibile vedere alcune defezioni, come quella di Sagan, alle classiche del Nord.
Se mi dovessi approcciare con gli occhi di chi ha visto per la prima volta una stagione ciclistica in vita sua, è stato un anno emozionante. I pochi giorni di riposo tra una corsa e l’altra ci hanno permesso di vedere numerosi colpi di scena e gare apertissime. A proposito di prime volte, una notazione molto interessante l’ha data Ian Boswell a The Cycling Podcast. Secondo l’ex pro, i molti exploit dei giovani di questa stagione, potrebbero essere anche il frutto dell’orologio biologico. Nel senso che tutti i professionisti di oggi sono abituati a ritmi di allenamento e gare che si ripetono, immutati e immutabili, da decenni. Il corpo tende ad abituarsi ad essi e questo fattore potrebbe aver favorito quei corridori che per forza di cose non hanno ancora avuto questo adattamento. Tra questi si potrebbe inserire anche Roglic, che pur avendo un’età anagrafica più alta della nuova generazione di fenomeni, si è approcciato tardi al ciclismo e sta vivendo questa sua nuova fase di carriera da non più di due stagioni.
Dal punto di vista personale ho vissuto l’ultima settimana di stagione in maniera completamente differente dal solito. Ero felice che le gare finissero. Mi sembrava di essere al pranzo di Natale, quando ti continuano a riempire il piatto e tu sei già sazio da tempo ma sorridi e dici anche: “ Wow, grazie”.

Umberto Preite Martinez: È vero, è stata una stagione particolare per mille motivi e proprio per questo ci andrei molto cauto a prenderla come riferimento per eventuali analisi sul futuro. Ciclisti che ci sembrano in difficoltà oggi potrebbero non esserlo l’anno prossimo e al contrario alcune delle sorprese di quest’anno potrebbero non trovare conferma in futuro.

Mi riferisco ad esempio ai due che si sono giocati il Giro d’Italia quest’anno, Tao Geoghegan Hart e Jai Hindley, che mi sembra siano due ciclisti interessanti, certamente, ma che hanno semplicemente pescato il jolly della vita al momento giusto, più che due prospetti in grado di fare fuoco e fiamme in futuro. E dall’altra parte ho letto e sentito requiem in memoria di Egan Bernal che invece aspetterei a dare per morto.

È stata, però, una stagione eccitante, un concentrato di ciclismo allo stato puro. Una piacevole eccezione, sperando che tale rimanga e che si possa tornare al normale calendario di sempre.

Matteo Vasile: “Si è salvato il salvabile” potrebbe essere il titolo perfetto per la stagione 2020. Una stagione strana, difficile, emozionante, concentrata nell’arco di soli tre mesi e di conseguenza difficile da valutare dal punto di vista sportivo come già detto in precedenza da Gabriele e Umberto. Fondamentale per la disputa delle corse è stato il protocollo sanitario di prevenzione, basato sul principio della bolla di isolamento allestita attorno ad ogni squadra, che si è rivelato molto efficiente vista la limitata incidenza del virus sugli atleti e addetti ai lavori. Nella speranza che si possa tornare il prima possibile alla normalità mi sento di fare un plauso agli organizzatori delle varie manifestazioni sportive che hanno operato in modo egregio nonostante la grande incertezza del periodo.

Anche quest’anno la Paris Nice non ha deluso, Ventagli e vento ❤ Foto SBS

Momento dell’anno

Umberto Preite Martinez: Ce ne sarebbero tanti e in tanti abbiamo ancora negli occhi l’immagine dei volti attoniti di Van Aert e Dumoulin in cima alla Planche des Belles Filles mentre guardavano il crollo del loro capitano.

Però il momento più alto di questa stagione è stato per me il Giro delle Fiandre, una gara in cui finalmente si affrontavano due fenomeni come Mathieu van der Poel e Wout Van Aert. Una sfida che è sembrata molto una resa dei conti, lo scontro finale fra l’eroe e il suo antagonista — e ognuno è libero di decidere autonomamente come assegnare le parti ai due attori in scena. Uno dei momenti più entusiasmanti della mia vita ciclistica.

Matteo Vasile: A livello di gare ne scelgo tre: la tappa dello Stelvio al Giro d’Italia, la cronometro de La Planche des belles filles al Tour de France e il Giro delle Fiandre. In questo travagliato 2020 però, come momento dell’anno scelgo la Strade Bianche dello scorso 1 agosto. Tralasciando le corse che si erano disputate tra gennaio e metà marzo, possiamo dire che la classica senese è stata la prima grande corsa della stagione ciclistica e in un certo senso, dopo lo scoppio della pandemia di coronavirus, ha rappresentato un segnale di rinascita per tutto il ciclismo professionistico, riportando una ventata di semi-normalità dopo una primavera molto difficile.

Gabriele Gianuzzi: Senza dubbio dico la Paris Nice. In Italia eravamo già in lockdown, in Francia la situazione sembrava stesse sfuggendo di mano. Il ciclismo aveva già vissuto il suo primo incontro col virus una settimana prima negli Emirati Arabi. E la corsa andava avanti, senza che nessuno forse capisse o provasse a capire. L’orchestra del Titanic che suona l’ultimo valzer in tutto il suo splendore. Mi sembra l’immagine perfetta per questa stagione.
E senza dubbio unica.

Anche quando il mondo del ciclismo, visibilmente in astinenza, commentava il Tour de l’Ain come se fosse il Tour de France, non è stato male.

I tre GT

Matteo Vasile: Il Giro è stato senza dubbio la corsa a tappe più divertente delle tre ma anche quella più penalizzata dalla distribuzione delle corse nel nuovo calendario. Posto a sole due settimane di distanza dal termine del Tour de France era normale che tutti i big presenti in Francia non si presentassero al via della Corsa Rosa. Nonostante l’assenza dei grandi nomi il Giro è stato comunque molto piacevole e incerto, talmente incerto che per la prima volta in un grande giro, due atleti, Tao Geoghegan Hart e Hindley, si sono presentati al via della cronometro finale di Milano separati solo dai centesimi.

Mai come quest’anno le corse contro il tempo sono state decisive nell’assegnazione della classifica generale; oltre al Giro infatti anche al Tour de France la cronometro è stata determinante, risultando anche la tappa più gradevole di tutta la Grand Boucle. La corsa a tappe spagnola ha invece confermato una tendenza in questo 2020, ovvero quella dell’equilibrio. Se guardiamo le classifiche finali delle tre maggiori corse a tappe, notiamo infatti che il distacco tra il primo e il secondo classificato in classifica generale è sempre rimasto sotto al minuto: 59” al Tour, 39” al Giro e 24” alla Vuelta.

Gabriele Gianuzzi: Il Tour delle superpotenze, il Giro degli outsider e La Vuelta del tutti contro tutti. Penso che in quest’anno tanto particolare i tre Grand Tour abbiano rispecchiato a pieno lo spirito che negli ultimi anni li hanno contraddistinti.

Non entro nella diatriba su quale sia più o meno bella e/o importante perché a loro modo sono tutte e tre uniche. E anzi ritengo molto interessante (e divertente) notare come chi si lamenti della poca azione al Tour, sia quasi sempre lo stesso che si lamenta del Giro perché mancano i grandi nomi. Non capendo che la staticità del Tour è data anche dalla presenza di tutti i big.

Nella loro essenza mi sono piaciuti tutti e tre. Ho apprezzato le scelte di percorso di tutte e tre, quella del Tour con un approccio ultra moderno e quella del Giro con un approccio ultra conservatore e quella de La Vuelta con un approccio ultra Vuelta.

Se penso alle 60 giornate di gara mi vengono in mente tre tappe su tutte: Grand Colombier, Tortoreto e Angliru.

Umberto Preite Martinez: Prima di leggere le parole di Gabriele pensavo che fosse opinione abbastanza comune e scontata che i tre grandi giri di quest’anno sono stati una grande delusione, in un modo o nell’altro.

Il Tour de France, con il suo percorso ridicolo, figlio di logiche che a me forse sfuggono, è stato salvato in corner dal ribaltone finale ma fino a quel momento era stato un piattume indegno che poco ha a che fare con i nomi al via o con le tattiche di gara della Jumbo-Visma e molto invece con il disegno delle varie tappe. La dimostrazione è che le uniche tappe che hanno saputo raccontare qualcosa di interessante sono state anche le uniche tappe disegnate “alla vecchia maniera” (la tappa del Grand Colombier e l’ultima cronometro).

Il Giro d’Italia ha patito il taglio di Agnello e Izoard e una forse eccessiva incertezza fra gli uomini di classifica (incertezza poi pienamente giustificata dagli eventi, visto il modo in cui i favoriti della vigilia sono crollati uno dopo l’altro).

La Vuelta, come ha detto Gabriele, è stata la solita Vuelta. E credo di aver detto tutto con questo.

Le classiche

Gabriele Gianuzzi: Le classiche disputate sono state oggettivamente una goduria assoluta. Persino la Freccia Vallone, complice anche il nuovo rinnovato percorso (hallelujah), è stata divertente. Scegliere tra la Sanremo di van Aert o il Fiandre di van der Poel è impossibile. Alaphilippe beffato sul traguardo della Doyenne è qualcosa che verrà ricordato per molti anni. Mi è mancata l’attesa che monta nelle gare di avvicinamento e qualche pietra, ma tutto sommato è stato un bello spettacolo.
Speriamo che la UCI riesca a combaciare tutte le esigenze anche dei piccoli organizzatori il prossimo anno. Perché le grandi corse portano sponsor e visibilità, ma il cuore pulsante del ciclismo è anche nella Tro Bro Leon, nel Bernocchi ecc.

Umberto Preite Martinez: Tutto quello che c’è scritto sopra: una goduria continua, ciclismo allo stato puro, colpi di scena senza senso. Le classiche di quest’anno sono state un’esplosione di pura libidine, estasi suprema.

Paradossalmente non mi ha entusiasmato solo il Lombardia, forse penalizzato dalla posizione in calendario. E l’assenza della Parigi-Roubaix è stata una mazzata.

Matteo Vasile: Da amante delle corse di un giorno posso ritenermi soddisfatto di come si sia conclusa la stagione. La doppietta Strade Bianche/Milano-Sanremo ha definitivamente allontanato tutte le preoccupazioni che aleggiavano attorno alla figura di Wout Van Aert dopo il brutto infortunio dello scorso Tour de France. Fuglsang ha lasciato il timbro al Lombardia mettendosi in saccoccia la sua seconda monumento della carriera e poi è arrivato il Belgio ad animare il finale di stagione con la Liegi che verrà ricordata più per il pasticcio di Alaphilippe che per la vittoria di Roglic, la Freccia Vallone vinta dal giovane Hirschi e il gran finale del Giro delle Fiandre con il duello dei sogni tra Van Aert e van der Poel, a mio avviso il momento più alto di tutta la stagione. Tutto sommato poteva andare peggio.

La delusione

Umberto Preite Martinez: Una delusione è per definizione qualcosa che pensavamo potesse andar bene e che invece si schianta contro il muro della realtà dei fatti. Per questo non dico la Movistar, perché mi aspettavo esattamente la stagione pessima che hanno fatto.

Invece non posso non dire che mi aspettavo tantissimo in più dai colombiani in generale. I piccoli escarabajos erano chiamati a una stagione di conferma dopo il botto degli ultimi anni e invece si sono sciolti tutti insieme sulle strade di Francia. Bernal, Martinez, Uran, Lopez, nessuno di loro ha avuto una stagione neanche lontanamente all’altezza delle aspettative. A salvare la baracca sudamericana ci ha pensato Richard Carapaz che però viene dall’Ecuador ma gli vogliamo bene lo stesso.

Matteo Vasile: La delusione più grande di questo 2020 è il non aver potuto assistere allo spettacolo di due delle classiche più belle del calendario ciclistico internazionale, ovvero Parigi-Roubaix e Amstel Gold Race. C’è rammarico soprattutto per l’Inferno del Nord che si svolgeva ininterrottamente dal 1943 e che quest’anno, oltre alla tradizionale corsa maschile, proponeva anche la prima edizione della prova femminile. Tutto rimandato al 2021 quindi, con la speranza di poter rivedere anche tutte quelle corse che non sono riuscite a trovare una ricollocazione negli incasinatissimi tre mesi di gare.

Gabriele Gianuzzi: La delusione più grande è il non aver potuto vedere Remco Evenepoel in un grande giro. E non perché sono sicuro che lo avrebbe vinto, anzi forse del contrario. Sono sicuro che il fenomeno belga, perché lo è già, ne vincerà molti in futuro, ma avrei voluto vederlo lottare nelle tre settimane con la pressione del capitano predestinato e tutto ciò che ne consegue. Con questo non voglio dire che sarei stato contento di vederlo fallire, sarei stato semplicemente curioso di vederlo provare. La caduta al Lombardia ci ha privato di questo spettacolo e ci restituirà un Remco con ancora più determinazione. Sarà interessante vedere i suoi progressi nell’arco dei prossimi anni.

Non Aver parlato di questo kit in questo articolo, può rientrare tra le delusioni. Foto Velonews

Miglior Ciclista:

Gabriele Gianuzzi: Primož Roglič

Umberto Preite Martinez: Wout Van Aert

Matteo Vasile: Primož Roglič

Migliore Squadra:

Gabriele Gianuzzi: Team Sunweb

Umberto Preite Martinez: Jumbo-Visma

Matteo Vasile: Jumbo-Visma

Sorpresa dell’anno:

Gabriele Gianuzzi: João Almeida

Umberto Preite Martinez: Filippo Ganna

Matteo Vasile: Tao Geoghegan Hart

Miglior Giovane:

Gabriele Gianuzzi: Tadej Pogačar

Umberto Preite Martinez: Tadej Pogačar

Matteo Vasile: Tadej Pogačar

Gara dell’anno:

Gabriele Gianuzzi: Giro d’Italia

Umberto Preite Martinez: Giro delle Fiandre

Matteo Vasile: Giro delle Fiandre

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