Derby della Mole in tavola

Gabriele Gianuzzi
LoggioneSport
Published in
6 min readDec 14, 2018

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C’è un luogo, a Torino, che da sempre è un punto d’incontro tra due poli opposti e distanti.
E’ posto dal 1933, in Via Saluzzo, nella borgata di San Salvario, quartiere simbolo di multietnicità. In San Salvario infatti, convivono da molto tempo, quattro religioni e relativi luoghi di culto: chiese cattoliche (una da cui prende il nome il quartiere), tempio valdese, la sinagoga e sale di preghiera musulmane.

Il nostro luogo, però ha a che fare con una fede ben diversa, quella calcistica. I suoi piatti e i suoi ricchi antipasti hanno sfamato generazioni di torinesi, ma soprattutto hanno avuto l’onere e l’onore di sfamare generazioni di calciatori da entrambe le sponde cittadine. Il ristorante Urbani, è un’istituzione in città.

In vista del derby siamo andati a far visita allo storico proprietario, Vittorio Urbani, che nonostante il giorno di chiusura, ha accettato la nostra intrusione. Quello che segue è frutto di una bella chiacchierata su Torino e il suo rapporto con il calcio.

Vittorio Urbani, storico ristoratore di Torino. Foto Loggione Sport

Vittorio è chiaro fin da subito: «Sono cambiati i tempi, quello che posso raccontare io, ha poco a che vedere con il calcio e i calciatori di oggi. Oggi qualcuno viene ancora, però vengono da soli o in gruppi piccoli, una volta era molto diverso eravamo come in famiglia».

I tempi d’oro sono sicuramente stati gli anni ’70. Le due squadre si davano battaglia in campo, derby equilibrati come non mai, anche a tavola:«Devi immaginare due tavoli, uno per gli juventini e l’altro per i granata, erano un bel gruppone, però dovevo tenerli separati. Alla fine diventava un’unica tavolata di amici. Con molti di loro ho mantenuto i contatti nel tempo, ancora oggi gente come Pulici, Graziani, Sala, Zaccarelli viene a trovarmi ogni tanto. Io ero anche molto più giovane di adesso e quindi mi divertivo a giocare insieme a loro. Mi ricordo che facevamo a gara di palleggi con le arance e anche io me la cavavo bene. Tanto che mettevamo un paiolo sopra il forno e loro scommettevano su quante arance riuscivo a calciarci dentro. Quante risate con Dossena e Pecci».

Anche se è difficile scucirgli chi fosse il più simpatico: «E’ difficile da dire, erano tutti simpatici, devo essere sincero. Era proprio un bell’ambiente e penso che molti clienti venissero da me anche per quello. Erano tutti molto disponibili, si facevano fotografare e lasciavano autografi ma soprattutto avevano un bel modo di fare e comportarsi. Non erano invidiosi l’uno degli altri. Poi all’epoca non si seguivano ancora diete specifiche e quindi erano anche più liberi di mangiare. Generalmente la pizza la facevo solo la sera e a pranzo, magari dopo allenamento, tutti i primi della tradizione: risotti, tagliatelle, agnolotti».

Nel tempo il ristorante è divenuta una vera e propria appendice del calcio a Torino, quasi come un secondo stadio: «Proprio così. Tutto il mondo del calcio a Torino, dai giornalisti fino agli arbitri, veniva a mangiare qui. Sandro Ciotti, Enrico Ameri, Vladimiro Caminiti, Italo Cucci, Cesare Castellotti tutti i più grandi venivano qua, anche per poter avvicinare i calciatori. Radice, Rocco anche tutti gli allenatori passavano di qua. In quegli anni le televisioni venivano qua anche due volte al giorno per cercare qualche scoop, mi intervistavano, chiedevano di tutto».

Un grande periodo, sono stati anche gli anni a cavallo tra gli anni ’90 e i primi anni del 2000. Con un velo di commozione sul volto Vittorio ammette: «Io avevo deciso di smettere, c’era mia mamma che aveva quasi cento anni e mi ero detto che quando avesse superato questo traguardo avrei chiuso e così feci nel 2003, vendetti tutto. Poi molti amici, tra cui anche calciatori mi richiamarono per riaprire perché non potevano farne a meno ed eccomi ancora qua».

Sono stati anni principalmente juventini. Il Torino oscillava tra Serie A e Serie B e quindi i granata al ristorante si facevano vedere molto meno, in compenso i bianconeri organizzavano grandi tavolate: «Erano gli anni di Moggi e di Lippi allenatore, venivano qui tutti. Ogni volta che c’era da festeggiare qualcosa, anche solo un compleanno, gli preparavo la sala al piano di sopra. Ecco, dopo il fattaccio di Moggi è cambiato tutto. E’ cambiato anche l’atteggiamento delle persone. In città sembrava che nessuno avesse mai parlato o avuto a che fare con lui. Qualche volta continuava a venire a mangiare da me come aveva sempre fatto a Torino, però la gente mi chiamava per dirmi che non sarebbe venuta. Soprattutto con gli arbitri è stata dura. Ovviamente se ti conosci e ti incontri, anche solo per una questione di educazione penso che stringersi la mano sia il minimo, però poi si dava adito a troppe polemiche e così in molti non sono più venuti. Ogni tanto qualcuno viene, ma solo quelli che ormai hanno smesso».

Gli aneddoti in città su di lui e il rapporto con i calciatori si sprecano, tutti gli avventori del locale in questi anni possono raccontarne uno in particolare. “Come ho avuto l’autografo di”, “come ho fatto la foto con” ecco… Però c’è una storia, che risale agli anni ’90 di un ragazzo che mi è stata raccontata poco fa, con Vittorio protagonista, che ho voluto condividere con lui. L’allora ragazzino juventino chiede l’autografo di un calciatore della sua squadra e allora Vittorio, cuore granata, per fargli uno scherzo gli porta l’autografo di Gianluca Pessotto che all’epoca giocava nel Torino. Alla domanda dello stupito ragazzo, Vittorio rispose “Conservalo, poi vedremo”: «Mi ricordo bene — dice ridendo — Sai all’epoca ti potevi permettere anche questo tipo di confidenze. I giocatori più giovani venivano qui, quasi tutti i giorni e si confidavano. Soprattutto molti non erano fidanzati e questo cambia tutto, oggi penso che sia cambiato il rapporto con i calciatori anche per le donne che gli girano intorno. Anche i ragazzini se la tirano».

Vittorio libera per un attimo le briglie e riusciamo a carpire chi fosse il ragazzo con il quale avesse creato il legame più forte: «Gigi Meroni si era molto affezionato. Un giorno gli ho prestato la macchina, avevo una Giulietta, lui è arrivato a Novara e ha fuso. Però per farsi perdonare è andato all’Alfa Romeo, mi ha cambiato tutto il motore e me l’ha riportata il giorno dopo come nuova. Me l’ha raccontato solo in seguito. Era un’artista, ma non solo nel gioco del calcio, proprio umanamente. All’epoca dicevamo che era strano, ma lui se ne fregava. Mi ricordo di quando girava con la gallina per Torino, che ridere. Non era solo un aneddoto inventato, lui ci girava. Aveva anche modificato il sedile posteriore della sua Lancia per poter viaggiare con lei in comodità».

Come Vittorio, anche il ristorante ha dovuto affrontare i cambiamenti della città: «Essendo qui da tantissimo tempo, ho vissuto tutte le varie fasi. Mi ricordo ancora di quando c’erano gli uffici della FIAT qui vicino in corso Marconi e quindi venivano sempre qui per pranzi o cene di lavoro, poi c’è stato il periodo in cui si è tirato la cinghia, oggi la clientela è completamente diversa e infatti ho deciso di lasciare tutto nelle mani delle mie due figlie. Hanno rinnovato il locale, riescono a interpretare i gusti. Oggi Torino è una città che vive di turismo, è difficile che chi viene una sera, torni a mangiare la sera dopo. Mi dedico ai miei tre nipoti. Uno è piccolino, il più grande fa il pasticcere ed è riuscito a trovare lavoro in fretta, anche se deve andare a Chieri, chissà che un giorno non lo porti avanti lui questo posto. Quello di mezzo gioca a pallone, è negli allievi nazionali del Torino, ha anche qualche presenza nella nazionale U17, è molto in gamba, staremo a vedere».

Difficile farlo sbilanciare su un pronostico: «Penso sempre che nel calcio conti anche la fortuna. Oggi, noi del toro, possiamo dire di avere una buona squadra, non eravamo così forti da anni. Sai tante volte era come partire in svantaggio di 2–0 già nel primo tempo. Oggi per lo meno si parte 0–0 ed è già un vantaggio. Ma sia chiaro che non ti dico che partiamo in vantaggio noi, solo perché sono scaramantico».

Foto Loggione Sport

L’articolo era stato originariamente pubblicato il 10/12/2016 sul vecchio sito di Loggione Sport.

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Scrivo di ciclismo su Ventagli e l'UltimoUomo. Amo le bici, le birre belghe, i salumi e i bianchi frizzanti ghiacciati in egual misura.